IL CONTESTO

IL CONTESTO

Il docente in ospedale si colloca in una
logica di complessità dove comprendere
ed includere il contesto è la conditio sine
qua non del progettare le azioni didattiche
e la retroazione è fondamentale; in altre
parole, il progetto di lavoro è dotato di
grandi linee generali ma è in gran parte
determinato anche da risultati di unità di
lavoro precedenti che vengono” messe in
circolo”, per così dire, nel progetto
successivo.
In ospedale, inoltre, si lavora in equipe
multidisciplinare dove tutte le componenti
che operano in reparto (medici, infermieri,
psicologi, insegnanti, assistenti sociali,
volontari) concorrono al ben-essere del
bambino.
La scuola in ospedale, nel momento in
cui garantisce il diritto allo studio ai
bambini e ai ragazzi ricoverati, partecipa
alla realizzazione di un progetto di cura
globale che ha come obiettivo la qualità di
vita.
Insegnare in ospedale presenta
un’elevata complessità, quindi richiede
una grande disponibilità alla
cooperazione, un impegno alla riflessione
sulle diverse sfaccettature connesse a
un’ adeguata operatività, in modo da
coniugare proficuamente la flessibilità e
l’apertura al nuovo con un rigore
metodologico tale da evitare facili
improvvisazioni e da favorire autentiche
creatività.
A tal proposito, si è avviato già da
qualche anno, un progetto grafico-

pittorico dal titolo: “l’arte di essere
bambini per una scuola oltre le parole”
dove le attività artistiche fungono da
elemento mediatore per normalizzare le
tensioni legate alle terapie e, sviluppando
la creatività e il senso estetico,
favoriscono l’idea dell’ospedale come
luogo del bello e del possibile.
Naturalmente, in generale, nel cammino
emotivo del bambino, la scuola non
costituisce solo il luogo “dell’istruzione”,
ma rappresenta anche lo spazio
privilegiato di socializzazione per
l’incontro con i coetanei e con adulti non
familiari. Entrambi gli obiettivi vanno
perseguiti e gli stessi contenuti
dell’apprendimento mantengono
l’aggancio con i compagni inoltre il
distacco dai genitori realizza una piccola
esperienza di autonomia e di incontro
extra-familiare, durante la lezione anche
se avviene a letto.
Il ricovero condiziona una particolare
esposizione del corpo: i bambini/ragazzi
che girano in pigiama, con sondini e
sacchetti, vanno “rispettati” al massimo
nella propria persona anche da parte
degli insegnanti che, altrimenti, rischiano,
pur con una professionalità non sanitaria,
di oggettivarli trattandone con indifferenza
il corpo.
La patologia specifica è il primo biglietto
da visita anche per il docente che è
chiamato a compiere uno sforzo grande e
continuo per testimoniare gli aspetti
normali e non svolgere il proprio lavoro
solo all’insegna della malattia.
Dal punto di vista emotivo-relazionale,
agli insegnanti è anzi richiesto di “mettere
la malattia sullo sfondo” per poter
incontrare ogni bambino come alunno da

istruire e da aiutare a crescere. In questo
modo si offrono davvero ai piccoli
ricoverati momenti di “normalità
scolastica” e si rinforza la prospettiva del
futuro.
L’attenzione a differenziare i momenti
scolastici da quelli sanitari, nel limite del
possibile, consente meglio al piccolo
ricoverato di sperimentare con
l’insegnante un certo aspetto di sé, che
finalmente può emergere e non è
ulteriormente coperto dalla malattia.

Ultima revisione il 08-02-2023